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13 marzo 1975: un ragazzo di 18 anni viene aggredito sotto casa.
Due persone lo colpiscono a morte a colpi di chiave inglese. Morirà dopo quarantasette giorni di agonia. Chi era la vittima e perché fu uccisa con tale violenza? Si chiamava Sergio Ramelli, aveva i capelli lunghi, ed era fascista. E chi erano i carnefici? Teppisti, killer professionisti, mafiosi? No, studenti, di pochi anni più vecchi di lui. Uccisero perché accecati dall’ira o dalla paura? No, colpirono in nome dell’odio politico. Quella era la Milano dell’epoca, quella era l’Italia degli anni Settanta.
Ci vollero dieci anni per assicurare i colpevoli alla giustizia, con una sentenza che fece scalpore. Muovendosi tra atti processuali, articoli di giornale e testimonianze dirette, questo libro racconta una storia-simbolo del passato recente del nostro paese: un documento feroce e scomodo, importante per capire il clima di un’epoca e perché quella “guerra civile” ormai lontana ha lasciato una scia fino oggi.
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III Edizione – Novembre 2001
13 marzo 1975: un ragazzo di 18 anni viene aggredito sotto casa. Due persone gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese. Muore dopo 47 giorni di agonia. Chi era la vittima e perché fu ucciso con tanta violenza? In che clima era maturato quell’omicidio così bestiale? Chi erano i carnefici: teppisti, killer professionisti, mafiosi? No, studenti universitari di Medicina. Perché uccisero, allora? Forse accecati dall’ira, dalla gelosia o dalla paura? No, neppure conoscevano la loro vittima. Colpirono solo in nome dell’odio politico. Ci vollero dieci anni per assicurarli alla giustizia e solo allora fu possibile ricostruire tutte le tappe di quella tragica vicenda. Muovendosi tra atti processuali, articoli di giornale e testimonianze dirette questo libro spiega come ad armare la mano degli assassini sia stata una spietata ideologia che, in Italia, aveva (e ha ancora) importanti complicità, potenti connivenze e forti leve di potere.
Ecco perché questa è una storia che, anche a distanza di 40 anni, “fa ancora paura”, ma deve essere conosciuta se si vuole avere una visione completa degli avvenimenti del nostro recente passato.
Guido Giraudo, classe 1954, da 35 anni giornalista professionista, negli anni Settanta era vicedirettore del Candido, dirigente nazionale del FUAN. Oggi è consulente di strategie di marketing e progettazione eventi; contitolare dell’agenzia giornalistica Excalibur; libero docente di management degli eventi presso importanti Istituti e Università, autore o curatore di svariate pubblicazioni storiche, saggi e racconti.
Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini avevano rispettivamente 26, 19, 19 e 23 anni quando questo libro fu scritto e facevano parte del nucleo del Fronte della Gioventù – Azione Giovani di Monza. Con gli anni ognuno ha seguito strade diverse, pur rimanendo sempre legati dal “filo rosso” di quest’opera. Purtroppo Gianni Buttini è tragicamente scomparso nel novembre 2011.
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13 marzo 1975: un ragazzo di 18 anni viene aggredito sotto casa. Due persone gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese. Muore dopo 47 giorni di agonia. Chi era la vittima e perché fu ucciso con tanta violenza? In che clima era maturato quell’omicidio così bestiale? Chi erano i carnefici: teppisti, killer professionisti, mafiosi? No, studenti universitari di Medicina. Perché uccisero, allora? Forse accecati dall’ira, dalla gelosia o dalla paura? No, neppure conoscevano la loro vittima. Colpirono solo in nome dell’odio politico. Ci vollero dieci anni per assicurarli alla giustizia e solo allora fu possibile ricostruire tutte le tappe di quella tragica vicenda. Muovendosi tra atti processuali, articoli di giornale e testimonianze dirette questo libro spiega come ad armare la mano degli assassini sia stata una spietata ideologia che, in Italia, aveva (e ha ancora) importanti complicità, potenti connivenze e forti leve di potere.
Ecco perché questa è una storia che, anche a distanza di 40 anni, “fa ancora paura”, ma deve essere conosciuta se si vuole avere una visione completa degli avvenimenti del nostro recente passato.
Guido Giraudo, classe 1954, da 35 anni giornalista professionista, negli anni Settanta era vicedirettore del Candido, dirigente nazionale del FUAN. Oggi è consulente di strategie di marketing e progettazione eventi; contitolare dell’agenzia giornalistica Excalibur; libero docente di management degli eventi presso importanti Istituti e Università, autore o curatore di svariate pubblicazioni storiche, saggi e racconti.
Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini avevano rispettivamente 26, 19, 19 e 23 anni quando questo libro fu scritto e facevano parte del nucleo del Fronte della Gioventù – Azione Giovani di Monza. Con gli anni ognuno ha seguito strade diverse, pur rimanendo sempre legati dal “filo rosso” di quest’opera. Purtroppo Gianni Buttini è tragicamente scomparso nel novembre 2011.
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13 marzo 1975: un ragazzo di 18 anni viene aggredito sotto casa. Due persone gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese. Muore dopo 47 giorni di agonia. Chi era la vittima e perché fu ucciso con tanta violenza? In che clima era maturato quell’omicidio così bestiale? Chi erano i carnefici: teppisti, killer professionisti, mafiosi? No, studenti universitari di Medicina. Perché uccisero, allora? Forse accecati dall’ira, dalla gelosia o dalla paura? No, neppure conoscevano la loro vittima. Colpirono solo in nome dell’odio politico. Ci vollero dieci anni per assicurarli alla giustizia e solo allora fu possibile ricostruire tutte le tappe di quella tragica vicenda. Muovendosi tra atti processuali, articoli di giornale e testimonianze dirette questo libro spiega come ad armare la mano degli assassini sia stata una spietata ideologia che, in Italia, aveva (e ha ancora) importanti complicità, potenti connivenze e forti leve di potere.
Ecco perché questa è una storia che, anche a distanza di 40 anni, “fa ancora paura”, ma deve essere conosciuta se si vuole avere una visione completa degli avvenimenti del nostro recente passato.
Guido Giraudo, classe 1954, da 35 anni giornalista professionista, negli anni Settanta era vicedirettore del Candido, dirigente nazionale del FUAN. Oggi è consulente di strategie di marketing e progettazione eventi; contitolare dell’agenzia giornalistica Excalibur; libero docente di management degli eventi presso importanti Istituti e Università, autore o curatore di svariate pubblicazioni storiche, saggi e racconti.
Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini avevano rispettivamente 26, 19, 19 e 23 anni quando questo libro fu scritto e facevano parte del nucleo del Fronte della Gioventù – Azione Giovani di Monza. Con gli anni ognuno ha seguito strade diverse, pur rimanendo sempre legati dal “filo rosso” di quest’opera. Purtroppo Gianni Buttini è tragicamente scomparso nel novembre 2011.
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“Civiltà Romana” di Pietro de Francisci vide le stampe nel 1939, il testo fu pensato come manuale di formazione per i giovani, che sarebbero stati i cittadini di domani, nel momento di massimo consenso del Regime Fascista.
Il suo autore era un brillante docente di diritto romano (nato a Milano nel 1883), raffinato giurista tanto che alla fine della Prima Guerra Mondiale – a cui partecipò prima come ufficiale di fanteria in zona di guerra e in seguito al servizio informazioni del Comando Supremo -venne assegnato al Consiglio Supremo interalleato di Versailles per gli studi preparatori della conferenza di pace. I suoi studi sono ancora citati nei manuali delle odierne facoltà di legge. Agli studi più direttamente legati al diritto romano e privato affiancò uno studio incessante e approfondito sulla storia e la civiltà romana. Dato lo spessore della sua preparazione e dalla attualità dei suoi studi ricoprì anche importantissimi incarichi politici e istituzionali: dal 1932 al 1935 fu ministro di Grazia e Giustizia del governo Mussolini succedendo ad Alfredo Rocco. Inseguito, nel 1937, subentrò a Giovanni Gentile alla presidenza dell’Istituto Fascista di Cultura. Nel 1939 il suo astro inizia ad offuscarsi, sfuma la possibilità della Presidenza alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni poiché osteggiato da Galeazzo Ciano, che in varie occasioni fece di tutto per screditarlo anche a livello umano, nel 1940 fu esonerato da tutti gli incarichi politici e istituzionali perché considerato non adatto a un periodo in cui i venti di guerra soffiavano sempre più forti. Queste ultime vicende non lo salvarono nel 1944 dall’esonero dall’insegnamento del nuovo governo alleato che aveva occupato Roma e dalla conseguente proposta di epurazione dello stesso. Il suo reintegro all’insegnamento avvenne nel 1949 e dal 1954 fu fuori ruolo, gli fu offerta la presidenza di facoltà ma declinò la proposta. Negli ultimi anni continuò la sua produzione letteraria e i suoi studi sulla civiltà romana che affiancò anche a sporadiche comparse sul quotidiano Il Tempo di Roma. Morì nel 1971 a Formia.
Il testo qui riproposto dalla collana curata dal nostro centro studi è stato e dovrebbe essere tuttora un libro di formazione per tutti le comunità militanti, i centri studi e le persone che si rifanno al concetto di Tradizione. Il De Francisci affronta qui per la prima volta (sviscererà meglio ancora l’argomento nel suo scritto “Spirito della Civiltà Romana del 1940) la base fondante e l’essenza vera di quello che fece grande Roma, come Impero e come concetto, soprattutto come concetto, perché come afferma il de Francisci nel testo è cosa naturale che l’organizzazione politica che ne fu culla decada e si disgreghi, ma il suo concetto permane nel tempo e si rinnova in una nuova forma . Ci pare essenziale quindi al di là delle informazioni che si possono avere da un manuale di storia romana, avere una esegesi di quello che fu lo spirito di Roma e tentare di applicare la stessa condotta a questi tempi ultimi dove il singolo ha il sopravvento sulla comunità che spesso viene confusa con la banda all’interno della quale tutto è permesso, deresponsabilizzandosi in una massa informe. Un piccolo passo per la formazione di quello che Codreanu definì l’uomo nuovo che porti questi concetti rivoluzionari, sì nella militanza polititica, ma soprattutto nella vita quotidiana, quando ci troviamo ad agire accanto a persone che sono altro da noi, ma solo perché inconsapevoli del proprio retaggio storico e culturale.
Questa edizione è arricchita da cinque brevi saggi di Mario Polia (archeologo, scrittore, storico delle religioni e docente di antropologia presso l’Università di Lima – Perù, autore anche di ” L’etica del Bushido. – Introduzione alla tradizione guerriera giapponese”, “Il Mistero Imperiale del Graal”, “Imperium” e curatore di ” Ai Cavalieri del Tempio. – In lode alla nuova Milizia ” di S. Bernardo di Chiaravalle), quattro sono in appendice e il quinto è in una nota.
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“CIVILTÀ ROMANA” di Pietro de Francisci – Novantico Editrice “Collana l’Araldo” con quattro appendici e una nota curate da Mario Polia, Pag. 390 -
Questo libro nasce per far conoscere la musica alternativa (e la giovane destra degli anni ’70-‘80), ripercorrendone la storia attraverso testimonianze (poche), articoli dell’epoca (molti) e soprattutto le canzoni (solo i testi in queste pagine e un’ampia selezione di brani in
formato mp3 nell’indispensabile cd allegato).
Se c’è una musica che può essere definita “underground”, parola usata per definire generi e gruppi musicali cresciuti lontano dalla ribalta, fuori dai riflettori e dal grande pubblico, quella è senza dubbio la musica di destra, la musica “alternativa” come venne chiamata negli anni Settanta, per indicare le canzoni scritte da militanti del Fronte della Gioventù e del Fuan tra il 1974 e i primi anni Ottanta.
Canzoni che sono arrivate negli anni Novanta, fuori da ogni circuito ufficiale, grazie a una circolazione semiclandestina fatta di tradizione orale e duplicazioni di cassette registrate a loro volta da cassette registrate, essendo ormai introvabili i dischi e le musicassette originali.
Da allora è cominciata l’operazione di rilancio e recupero, pubblicando per alcuni gli album in cd, e soprattutto con la nascita di Lorien, l’archivio storico della musica alternativa, ideato da Guido Giraudo, e realizzato nel 1997 (grazie anche a Marzio Tremaglia), allargandolo poi ai fenomeni più recenti come il rock identitario e altri generi di area. […]