Pietro De Francisc – CIVITA’ ROMANA
“Civiltà Romana” di Pietro de Francisci vide le stampe nel 1939, il testo fu pensato come manuale di formazione per i giovani, che sarebbero stati i cittadini di domani, nel momento di massimo consenso del Regime Fascista.
Il suo autore era un brillante docente di diritto romano (nato a Milano nel 1883), raffinato giurista tanto che alla fine della Prima Guerra Mondiale – a cui partecipò prima come ufficiale di fanteria in zona di guerra e in seguito al servizio informazioni del Comando Supremo -venne assegnato al Consiglio Supremo interalleato di Versailles per gli studi preparatori della conferenza di pace. I suoi studi sono ancora citati nei manuali delle odierne facoltà di legge. Agli studi più direttamente legati al diritto romano e privato affiancò uno studio incessante e approfondito sulla storia e la civiltà romana. Dato lo spessore della sua preparazione e dalla attualità dei suoi studi ricoprì anche importantissimi incarichi politici e istituzionali: dal 1932 al 1935 fu ministro di Grazia e Giustizia del governo Mussolini succedendo ad Alfredo Rocco. Inseguito, nel 1937, subentrò a Giovanni Gentile alla presidenza dell’Istituto Fascista di Cultura. Nel 1939 il suo astro inizia ad offuscarsi, sfuma la possibilità della Presidenza alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni poiché osteggiato da Galeazzo Ciano, che in varie occasioni fece di tutto per screditarlo anche a livello umano, nel 1940 fu esonerato da tutti gli incarichi politici e istituzionali perché considerato non adatto a un periodo in cui i venti di guerra soffiavano sempre più forti. Queste ultime vicende non lo salvarono nel 1944 dall’esonero dall’insegnamento del nuovo governo alleato che aveva occupato Roma e dalla conseguente proposta di epurazione dello stesso. Il suo reintegro all’insegnamento avvenne nel 1949 e dal 1954 fu fuori ruolo, gli fu offerta la presidenza di facoltà ma declinò la proposta. Negli ultimi anni continuò la sua produzione letteraria e i suoi studi sulla civiltà romana che affiancò anche a sporadiche comparse sul quotidiano Il Tempo di Roma. Morì nel 1971 a Formia.
Il testo qui riproposto dalla collana curata dal nostro centro studi è stato e dovrebbe essere tuttora un libro di formazione per tutti le comunità militanti, i centri studi e le persone che si rifanno al concetto di Tradizione. Il De Francisci affronta qui per la prima volta (sviscererà meglio ancora l’argomento nel suo scritto “Spirito della Civiltà Romana del 1940) la base fondante e l’essenza vera di quello che fece grande Roma, come Impero e come concetto, soprattutto come concetto, perché come afferma il de Francisci nel testo è cosa naturale che l’organizzazione politica che ne fu culla decada e si disgreghi, ma il suo concetto permane nel tempo e si rinnova in una nuova forma . Ci pare essenziale quindi al di là delle informazioni che si possono avere da un manuale di storia romana, avere una esegesi di quello che fu lo spirito di Roma e tentare di applicare la stessa condotta a questi tempi ultimi dove il singolo ha il sopravvento sulla comunità che spesso viene confusa con la banda all’interno della quale tutto è permesso, deresponsabilizzandosi in una massa informe. Un piccolo passo per la formazione di quello che Codreanu definì l’uomo nuovo che porti questi concetti rivoluzionari, sì nella militanza polititica, ma soprattutto nella vita quotidiana, quando ci troviamo ad agire accanto a persone che sono altro da noi, ma solo perché inconsapevoli del proprio retaggio storico e culturale.
Questa edizione è arricchita da cinque brevi saggi di Mario Polia (archeologo, scrittore, storico delle religioni e docente di antropologia presso l’Università di Lima – Perù, autore anche di ” L’etica del Bushido. – Introduzione alla tradizione guerriera giapponese”, “Il Mistero Imperiale del Graal”, “Imperium” e curatore di ” Ai Cavalieri del Tempio. – In lode alla nuova Milizia ” di S. Bernardo di Chiaravalle), quattro sono in appendice e il quinto è in una nota.
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“CIVILTÀ ROMANA” di Pietro de Francisci – Novantico Editrice “Collana l’Araldo” con quattro appendici e una nota curate da Mario Polia, Pag. 390
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